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domenica 17 gennaio 2016

Recensione: Kim van Alemade - La bambina numero otto (DeAgostini)

Kim van Alemade La bambina numero otto


Trama:
New York, Anni Cinquanta. Per Rachel, infermiera dalla vita regolare e solitaria, il passato è un buco nero dal quale è riuscita a fuggire per miracolo. Quando però incontra Mildred Solomon, anziana paziente senza più speranze di guarigione, d'un tratto qualcosa nel suo subconscio si slaccia, i ricordi rimossi tornano a galla, prendono il sopravvento. Perché Rachel e la Dottoressa Solomon, come la donna vuole essere chiamata, si sono già conosciute tanto tempo fa, quando Rachel non era ancora Rachel, ma solo la bambina numero otto, un'orfana di pochi anni affidata a un istituto nel Lower East Side di Manhattan. Ma chi è veramente la Dottoressa Solomon? La madre surrogata che si prendeva cura degli sfortunati orfani - unico raggio di luce nella tormentata esistenza della piccola Rachel - o una donna fredda e cinica, votata alle proprie ambizioni e pronta a tutto nel nome della scienza? Solo chiamando a raccolta i fantasmi della memoria Rachel potrà trovare le risposte di cui ha bisogno, e diventare finalmente padrona del proprio destino. Kim van Alkemade prende spunto da fatti realmente accaduti per mettere in scena un dramma sui temi dell'abbandono, del tradimento e del riscatto.



Recensione:
Grazie mille DeAgostini!!
Siamo negli anni ’50, e il libro inizia, con la descrizione delle normali giornate di una famiglia. Quest’ultima è composta da Visha, madre e moglie, dal padre, e da due bambini: Sam e Rachel. Visha è una donna che si occupa dei figli mentre il marito lavora in una fabbrica tessile. Tutto procede nella normalità finché un evento sconvolgerà la vita di questa famiglia.

Una campanella suonò in lontananza. Le porte del Castello si spalancarono e fiumane di bambini vocianti si riversarono nel cortile. Le loro grida giunsero fino alle finestre del centro di accoglienza simili a quelle di uccellini impazziti. Rachel salutò e uscì. Mentre si faceva strada nel piazzale affollato, non riuscì a impedire che la polvere le entrasse negli occhi privi di ciglia.

Il libro si svolge fra passato e presente, percorrendo la vita dei due ragazzi. Il tutto inizia con l’arrivo di Mildred Solomon, nel reparto dove lavora Rachel. Da qui in poi Rachel farà delle indagini sul suo passato.

L’infermiera le portò persino il pranzo con un vassoio. Rachel si ritrovò a pensare ai bambini più fortunati di lei, quelli che avevano una famiglia, una casa silenziosa e una stanza tutta per loro. Le loro giornate erano scandite dal ticchettio leggero di un orologio invece che dallo squillo stridulo di una campanella.

Si tratta di un libro molto intenso che mi ha fatto piangere in continuazione. È un libro veramente toccante che mette a dura prova la morale del lettore perché lo pone di fronte a dei quesiti:
Cosa faremo se fossimo al posto di Rachel? Quali saranno le nostre reazioni?
Nonostante queste domande io non sono riuscito a darmi una risposta completa. Ci sono stati dei momenti in cui ho sentito talmente tanta rabbia dentro di me, che non so neanche come avrei reagito al suo posto. Questo libro tocca temi che scavano nel lettore. L’ho amato dalla prima all’ultima pagina. Molte descrizioni sono come delle cartoline del passato che evocano un tempo, ormai andato, ma che non dobbiamo mai dimenticare. 
Alla fine del romanzo mi sono chiesto: rispetto agli altri ebrei nei campi di concentramento,  Rachel e Sam, possono considerarsi fortunati? Lascio a voi la risposta.

A volte bastava un unico evento isolato per spezzare, interrompere o deviare il corso di una vita, come un colpo da biliardo che ridisegna posizioni e traiettorie delle palle sul tavolo.

Giudizio: 5 su 5

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